Polverone a parte, che tipicamente si crea quando la scuola tenta di suddividere le responsabilità con il resto delle agenzie educative , la situazione sviluppa riflessioni in seno a quella che è la distinzione tra il vissuto reale e il vissuto virtuale soprattutto dei più giovani.
I ragazzi viaggiano realmente in classe e interagiscono giornalmente con compagni , professori, personale e famiglie in un certo modo ,poi, virtualmente , con i loro device , attraverso i social network , si relazionano con altre modalità ,più easy e smart, fatte di emoticons, di likes, di gruppi ( con tanto di esclusi ) di blocchi di profilo al primo screzio...
Fin qui niente di strano, se non che a volte diventa difficile percepire la dissonanza comportamentale tra il reale e virtuale .
La casistica si fa particolareggiata , chiedere l'amicizia su Facebook ,salvo poi evitare presentazioni e saluti in incontri vis a vis, entrare in stato depressivo se il proprio status non riceve likes o divenire ossessivi e paranoici se i propri articoli non vengono approvati o condivisi da quel particolare amico, sentirsi depressi per essere stati esclusi da un gruppo di whatsapp, piuttosto che sentire il potere di decidere chi scegliere di accettare o bloccare in un gruppo.
Se per alcuni adolescenti e giovani questo tipo di relazioni possono non avere particolari ripercussioni, per altri possono invece diventare altamente destabilizzanti.
C'è delll'ironia certo, nell'associare veri disturbi a comportamenti apparentemente banali, quel che non è affatto ironico ma preoccupante è invece la sovrapposizione tra questi due mondi, reale e virtuale. Purtroppo infatti le conseguenze hanno sempre e comunque una ricaduta realistica e, in casi estremi , tristemente nefasta. Agisce correttamente quel preside chi chiede di non sottovalutare quello che accade , anche se non è esattamente sotto i nostri occhi....ma dentro il nostro smartphone.